lunedì 27 agosto 2018

Approfondimento esame di stato Riconoscere i tessuti


RICONOSCERE I TESSUTI
Il corpo umano è composto da miliardi di unità viventi: le cellule. Ne esistono di tanti tipi; le cellule che svolgono la stessa funzione si raggruppano a formare i tessuti. I tessuti si aggregano formando gli organi (per esempio, cuore, fegato, polmoni). Gli organi che funzionano insieme costituiscono sistemi ed apparati, controllati dal cervello. I tessuti che compongono il corpo umano hanno caratteristiche fisiche e chimiche diverse tra loro. Sulla base della durata della vita delle cellule loro costituenti, i tessuti possono essere classificati inoltre in:
  • tessuti labili, costituiti da cellule indifferenziate, dalla vita breve (da pochi giorni a qualche settimana), sono caratterizzati dalla capacità di rinnovare continuamente gli elementi cellulari morti; appartengono a tale tipo di tessuti gli epiteli di rivestimento e il sangue.
  • tessuti stabili sono costituiti da cellule che, raggiunta la differenziazione al termine dell'accrescimento, cessano di moltiplicarsi, tendendo a conservarsi stabilmente; in caso di lesioni possono riacquistare però la capacità di riprodursi per riparare o sostituire la parte di tessuto morto.
  • tessuti perenni sono costituiti da cellule che si differenziano precocemente, durante lo sviluppo embrionale, crescendo poi soltanto di volume, ma non più di numero, incapaci quindi di sostituire gli elementi cellulari distrutti o danneggiati; sono perenni sia il tessuto nervoso sia il tessuto muscolare striato.

TESSUTI EPITELIALI
L'epitelio è un tessuto composto da cellule fittamente stipate e a mutuo contatto. Nella sua forma più semplice, l'epitelio consiste di un singolo strato continuo di cellule tutte uguali fra loro, che rivestono una superficie esterna o interna del corpo. Molto spesso, però gli strati sono più di uno e le cellule possono essere di due o più tipi cellulari. I diversi tipi di tessuto epiteliale si differenziano notevolmente l'uno
dall'altro per aspetto e funzioni. Il tessuto epiteliale è costituito da cellule con diverse forme geometriche, disposte a stretto contatto tra loro, in quanto hanno come principale funzione quella di protezione. Non sono direttamente vascolarizzati e poggiano su una membrana basale che li separa dal tessuto connettivo.
Ci sono vari tipi di epiteli di rivestimento: epitelio semplice, se le cellule sono disposte in un unico strato; epitelio composto, se le cellule sono disposte su due o più strati; epitelio pseudostratificato, se le cellule sono disposte in un unico strato ma con altezze e disposizione variabile.
EPITELI SEMPLICI:
  • epitelio pavimentoso semplice

È formato da cellule pavimentose e ha la funzione di regolare la filtrazione e la diffusione, più che la funzione protettiva perché non è adatto a resistere ai traumi. Esempi: rivestimento degli alveoli polmonari per facilitare gli scambi gassosi tra sangue e aria e delimita il lume di tutti i vasi sanguigni e linfatici.

  • epitelio cubico semplice


È formato da cellule di aspetto cubico disposte su un unico strato.
  • Esempi: superficie dell’ovaio, dotti escretori di alcune ghiandole, tiroide.

    • epitelio cilindrico semplice

    È formato da cellule di aspetto cilindrico disposte su un unico strato, la cui morfologia varia in base alle funzioni che devono svolgere. Esempi: mucosa intestinale con cellule assorbenti (villi e microvilli) e secernenti (cellule caliciformi e mucipare).

    • epitelio cilindrico semplice pseudostratificato

    Può essere considerato una varietà dell’epitelio cilindrico semplice: le cellule hanno forma prismatica e sono disposte su un unico strato, tutte le cellule si trovano poggiate sulla membrana basale, ma non tutte raggiungono la superficie libera. Esempi: vie respiratorie, come cavità nasali, laringe, trachea e bronchi, dotti escretori di alcune ghiandole.

    Negli epiteli semplici in sezione longitudinale si vede uno strato in cui le cellule sono molto adese tra loro, lasciando poco spazio alla matrice intercellulare, non vi è presenza di vasi sanguigni e soprattutto sono aderenti con la membrana basale al tessuto connettivo. Se le cellule sono piatte e spesse al centro, è un tessuto pavimentoso; se le cellule sono quadrangolari o circolari, è un epitelio cubico; se le cellule sono allungate verso il margine libero, è un epitelio cilindrico). Notare soprattutto la presenza di specializzazioni membranarie (ciglia, stereociglia, microvilli) soprattutto per quello cilindrico.
    Nel tessuto epiteliale pseudostratificato si vedono cellule tondeggianti sulla base, adese alla membrana basale col connettivo, poste ai fianchi di cellule con una base molto larga e apice molto stretto, al di sotto di cellule con apice molto ampio e base molto stretta (sembrano cilindriche schiacciate) con interposizione di cellule caliciformi e presenza molto spesso di ciglia sulla superficie libera.

    EPITELI COMPOSTI:
    • epitelio pavimentoso composto



      • NON CHERATINIZZATO
    Le differenze morfologiche e metaboliche delle cellule dei vari strati sono dovute alle particolari condizioni di nutrizione dell’epitelio che, essendo privo di vasi sanguigni, è nutrito per diffusione dai capillari presenti nel connettivo sottostante; gli strati superficiali tendono ad appiattirsi e a ridurre la loro capacità proliferativa. Esempi: mucose della bocca, dell’esofago e della vagina.
    • CHERATINIZZATO (epidermide)
    • Strato germinativo o basale, poggiato sulla membrana basale, è dotato di intensa attività proliferativa.
    • Strato spinoso, costituito da 4-8 strati di cellule di cellule poliedriche che si appiattiscono verso la superficie, molte di queste presentano estroflessioni del citoplasma che si affrontano e che sembrano “spine”. Contengono due tipi di granuli: i melanosomi e i cheratinosomi, mentre le cellule più superficiali esprimono proteine come l’involucrina e la loricrina, quest’ultima altamente insolubile, capace di formare una barriera.
    • Strato granuloso, formato da 2-6 strati di cellule, in cui il citoplasma contiene grossi granuli di cheratoialina.
    • Strato lucido, presente solo sul palmo della mano e sulla pianta del piede è sottile ed appare come un’esile linea chiara e rifrangente.
    • Strato corneo, formato da molte file di cellule appiattite, prive di nucleo e ripiene di filamenti di cheratina.

    • epitelio di transizione
    Nelle vie urinarie, in particolare nella vescica, si trova un tipo particolare di epitelio che potremmo definire plastico: infatti quando la vescica è vuota le pareti sono formate da un epitelio cubico composto, quando invece è piena, le cellule epiteliali scivolano le une sulle altre, in modo che lo spessore si riduce e la superficie aumenta notevolmente. Presenza di tre strati:
    • strato basale di nuclei tondeggianti e cellule piccole;
    • strato di cellule sottili e clavate/piriformi;
    • strato di cellule cupoliformi che coprono fino a due/tre clavate sottostanti;
    Il numero di strati e la morfologia dell’ultimo di essi varia a seconda dello stato funzionale. Ovviamente nel caso di distensione le cellule da cupoliformi (o anche definite ad ombrello) divengono piatte e il numero di strati totali si riduce.

    TESSUTI GHIANDOLARI
    Gli epiteli ghiandolari costituiscono le ghiandole, che possiamo suddividere in due grandi gruppi:
    • ghiandole esocrine: secernono sostanze che, attraverso un dotto escretore, sono riversate all’esterno o in cavità comunicanti con l’esterno.



    • ghiandole endocrine: prive di dotto escretore, riversano il loro secreto, ormone, direttamente nel circolo sanguigno
    Gli epiteli ghiandolari costituiscono le ghiandole, formazioni specializzate nella sintesi, accumulo e secrezione di materiali generalmente utili all’organismo. Le ghiandole derivano da un epitelio, le cui cellule, in una sua piccola porzione, proliferano verso il tessuto connettivo sottostante dando origine a strutture secernenti che possono o no mantenere rapporto con l’epitelio di origine. Se il collegamento viene mantenuto e diventa un canale (dotto escretore) che si apre alla superficie dell’epitelio stesso, scaricandovi i prodotti di secrezione, si parla di ghiandola esocrina. Le ghiandole esocrine (o "a secrezione esterna") vengono così definite in quanto i loro epiteli di origine rivestono sempre la superficie corporea esterna oppure cavità comunicanti con l’esterno, come ad esempio il lume intestinale, per cui le ghiandole che scaricano il secreto in queste cavità interne, ma comunicanti con l'esterno, sono ghiandole esocrine. Se il collegamento si perde e la formazione ghiandolare rimane isolata a distanza dall’epitelio di origine, potrà riversare i suoi secreti solo nell’ambiente connettivale oppure all’interno di capillari sanguigni che si infiltrano tra le cellule secernenti, con cui prendono contatto. Si parla in tal caso di ghiandola endocrina, il cui prodotto di secrezione è sempre definito ormone. È quindi ovvio che le ghiandole endocrine non posseggono il dotto escretore.
    In sezione longitudinale, le ghiandole esocrine sono riconoscibilissime per la presenza del dotto escretore che collega il margine libero ad un ammasso cellulare interno, che può ricordare un'ampolla (alveolo), un sacco con un lume stretto (acino) o un tubulo. La distinzione che si fa tra acino e alveolo si basa proprio sul lume dell’adenomero nel primo il lume della porzione secernente è virtuale cioè compare solo nell’atto di secrezione mentre nel secondo il lume è sempre osservabile.
    In sezione trasversale invece potrete vedere delle cellule cubiche che circondano un
    lume molto ampio circolare, state sicuri che quello è un dotto escretore. Un altro trucco per distinguere il dotto escretore dall’adenomero si basa sulla posizione dei nuclei, se li riuscite a vedere e questi si trovano in posizione centrale sarà un dotto se invece si trovano in posizione periferica sarà un’adenomero.
    Se invece vedete degli ammassi di cellule, per lo più piramidali, e che descrivono molti gruppi (magari attorno al dotto escretore) allora si tratta di adenomeri. Inoltre se il citoplasma è chiaro si tratta di ghiandole mucose; se è scuro al bordo e chiaro al centro si tratta di ghiandole sierose; se invece il centro è chiaro, ma il bordo presenta dei cornettini scuri allora è una ghiandola mista.
    Per le ghiandole endocrine invece: se vedete delle pile cellulari, interposte in una matrice intercellulare molto sottile e con presenza di vasi sanguigni, siete in presenza di ghiandole cordonali; se vedete una serie di cavità chiuse da un epitelio cubico semplice, ma con un contenuto rossastro/blu o comunque non bianco, circondate da cellule isolate periferiche, c'è una ghiandola follicolare; se vedete invece una serie di adenomeri, e dei gruppi cellulari di colorazione completamente diversa (chiara di solito) e a circoscrivere delle isole, sono le isole di Langherans (all’interno delle isole si intercalano i vasi sanguigni).

    TESSUTO CONNETTIVO 

    È un particolare tipo di tessuto delle forme viventi superiori. Esso provvede al collegamento, sostegno e nutrimento dei tessuti dei vari organi.
    È costituito da cellule connettivali di vario tipo (fibrociti o fibroblasti, istociti, plasmacellule, mastcellule, cellule adipose, cellule endoteliali, ecc.) e di una sostanza fondamentale, formata da una parte omogenea detta anista e da una parte differenziata in fibre. Le fibre sono distinte in:
    • fibre collagene
    • fibre reticolari
    • fibre elastiche
    Tutti i tessuti connettivi derivano dal mesenchima o tessuto connettivo embrionale. Tale tessuto è costituito da cellule di forma irregolare, fornite di prolungamenti e da una sostanza intercellulare amorfa fluida ed all’inizio priva di fibre reticolari e di complessi proteoglicanici e glicoproteici. La sostanza fondamentale è formata da fibre, responsabili della resistenza meccanica e dalla sostanza amorfa, che assomiglia ad un gel mucoso e contiene i liquidi interstiziali. Nelle sostanze amorfe scorrono i vasi sanguigni e linfatici. Dai capillari diffonde nella sostanza amorfa il liquido interstiziale o tessutale che porta le sostanze nutritive, gli ormoni ecc. ai tessuti per poi ritornare nel circolo carico di sostanze di rifiuto. Nel tessuto connettivo sono presenti diversi tipi cellulari. Le cellule più numerose sono i fibroblasti, deputate alla secrezione delle proteine che danno origine alle fibre. Questi tipi di cellule vengono spesso coltivati in vitro in esperimenti sui fattori di crescita. Vi sono poi i macrofagi, cellule coinvolte nei processi di difesa immunitaria. Alcuni di questi si trovano permanentemente nel tessuto connettivo, altri invece vi migrano dal sangue, in occasione di infiammazioni. Nel connettivo possono poi trovarsi i monociti, che migrano dal sangue e hanno una funzione di difesa. I mastociti sono altre cellule capaci di spostarsi all’interno del tessuto; producono eparina, mucopolisaccaride ad azione anticoagulante, e istamina, derivante dall’amminoacido istidina e collegata ai processi di risposta allergica. Nel tessuto connettivo vi sono inoltre linfociti e plasmacellule provenienti dal sangue, e responsabili della produzione di anticorpi. Vi sono diversi tipi di tessuto connettivo:
    • TESSUTO CONNETTIVO LASSO:
      dove le fibre sono intrecciate non solamente tra loro. Riempie gli spazi liberi esistenti fra gli organi, connettendoli fra loro; inoltre avvolge i muscoli e i nervi fino in profondità. In sintesi connette gli organi e le strutture parenchimali. Tessuto vascolarizzato, con le fibre collagene doppie che circondano delle maglie nelle quali è riversata un'ampia sostanza bianca (talvolta può essere del colore delle fibre ma molto, molto meno intenso). Inoltre i nuclei sono presenti in prossimità delle fibre, schiacciati ed è molto probabile che vediate associato qualche altro tessuto nelle prossimità, per cui difficilmente vedrete un margine libero. Ci sono numerose varietà di tessuto connettivo lasso (mucoso, elastico, reticolare, adiposo, pigmentato).
    • TESSUTO CONNETTIVO DENSO:
      le fibre sono abbondantissime e sono saldamente attaccate le une alle altre, raccolte in grossi fasci con una notevole resistenza meccanica. In questo tipo di tessuto, le fibre possono essere raccolte in modo disordinato come nel derma, oppure in modo regolare come nei tendini e nei legamenti. la prima cosa da notare è che le fibre collagene sono tutte compatte, lasciando poco spazio alla sostanza gelatinosa (tipica del lasso); i nuclei dei fibrociti sono schiacciati, molto più raramente stellati e sono presenti in piccole quantità. Inoltre il tessuto è molto meno vascolarizzato e potete notare andamenti irregolari delle fibre oppure andamenti regolari:
      • Intrecciati
      • paralleli (normalmente è quello più compatto, dovendo costituire i tendini e legamenti)
      • incrociati (vedete una cosa simile al muscolare liscio: strato longitudinale e uno trasversale)
      • capsulare (attorno al tessuto linfoide soprattutto)
      • lamellare (capsula di sostegno del corpuscolo del Pacini)
    • TESSUTO CONNETTIVO ELASTICO: 

    • molto facile da riconoscere, perché vedrete le fibre descrivere un andamento sinuoso, immerse nella sostanza amorfa. Sono fibre elastiche non tese, e quindi tendono a ritrarsi.
    • TESSUTO CONNETTIVO RETICOLARE:
      questo tessuto connettivale è riconoscibile solo attraverso la impregnazione metallica; le fibre, molto scure di colore, formano delle fitte reti che si anastomizzano tra loro, sembra una ragnatela.
    • TESSUTO ADIPOSO:
      il tessuto adiposo è di facile riconoscimento. basta vedere che ci sono tantissime cellule immerse in una rete connettivale e che le cellule presentano un anello sottilissimo citoplasmatico scuro, nucleo periferico e un cerchio bianco centrale, le une adese alle altre.
    • TESSUTO CARTILAGINEO:
      In contrasto con il tessuto osseo la cartilagine è flessibile ed elastica. La sostanza fondamentale è di aspetto vitreo e lattescente (condromucoide) che è chimicamente vicina al muco con incluse fibre collagene. Le cellule che secernono la sostanza fondamentale sono incluse in essa isolate o in gruppi. La cartilagine è sempre circondata da pericondio, cresce o per opposizione come l’osso o intestizialmente; nel primo caso le cellule del pericondrio producono la sostanza fondamentale poi si staccano da esso e vengono a trovarsi incluse nella medesima. Nel secondo caso, al contrario, le cellule che sono già incluse nella sostanza fondamentale si dividono a formare isole che contengono solo una cellula. Le funzioni del tessuto cartilagineo sono meccaniche e di sostegno, grazie alla plasticità ed elasticità assorbe i traumi da compressione e facilita lo scorrimento delle superfici articolari.
      • La cartilagine ialina è la più diffusa Cercate un citoplasma senza fibre, per cui generalmente monocromato. Le cellule vanno a formare in gruppi di due/tre i nidi o gruppi isogeni; se la matrice non è bianca, ma colorata, vedrete attorno alle cellule una zona più chiara (basofila per la presenza di proteoglicani), che rappresenta la capsula e le zone territoriali esterne. Le zone interterritoriali invece sono più scure (acidofila per la presenza di fibre collagene). Inoltre sul margine non osseo, dovreste vedere una zona connettivale (il pericondrio).
      • La cartilagine elastica contiene sia fibre elastiche sia collagene. Molto simile alla cartilagine ialina, ma riuscirete a scorgere all'interno della matrice delle fibre che si concentrano in una zona molto più densa di colore, andando a circondare i condrociti e i gruppi isogeni (più rari che nella ialina). Una colorazione specifica potrà mettere in evidenzia le fibre elastiche e lasciarvi invece vuoti i citoplasmi (i nuclei non si colorano), per cui se non ci sono nuclei non si può trattare di un tessuto adiposo.
      • La cartilagine fibrosa è intermedia tra il tessuto connettivo compatto e la cartilagine ialina. Le fibre collagene sono adese le une alle altre, senza tralasciare spazi, inoltre i nuclei sono più globosi ed isolati e molto spesso si continua con il tessuto connettivo denso, del quale è praticamente gemello.
    • TESSUTO OSSEO:
      Forma l’impalcatura interna del corpo, dando attacco a muscoli e tendini, protegge visceri e organi nella cavità cranica e toracica, accoglie gli elementi emopoietici del midollo. Ha una funzione metabolica, quale riserva di calcio; lo ione Ca può esser mobilitato dalle ossa per la regolazione omeostatica della sua concentrazione nel sangue e negli altri liquidi del corpo. È un tipo di tessuto connettivo formato da cellule, fibre e sostanza fondamentale calcificata. In base alle dimensioni ed alla disposizione delle fibre collagene, si distinguono due varietà di tessuto osseo, il fibroso e il lamellare.
      • Tessuto Osseo Non Lamellare: questo tipo di tessuto è poco presente nell'organismo, presentandosi con una organizzazione a fibre parallele e una organizzazione intrecciata.
      • Tessuto Osseo Lamellare: ce ne sono due varietà, una compatta ed una spugnosa; la versione compatta è facilissima da riconoscere perchè riuscirete a vedere:
        • in sezione trasversale:
          lamelle concentriche che formano un sistema attorno ad un buco centrale, chiamato osteone, lungo il perimetro delle lamelle sono presenti le lacune ellittiche; lamelle interstiziali che collegano un osteone all'altro; lamelle circonferenziali, che descrivano nel loro complesso un intera circonferenza (o un arco se non è preso tutto l'osso nel diametro) attorno alla struttura ossea, separando esternamente la matrice ossea dal periostio (connettivo esterno) con l'interposizione di fibre connettivali che penetrano al suo interno, inoltre separano internamente l'osso compatto dalla cavità midollare.
        • In sezione longitudinale:
          si vedono delle colonne di matrice ossea, con le rispettive lacune, con anastomosi ben visibili, separate da canali ampi e verticali e canali stretti e irregolari.
    Per la versione spugnosa invece vedrete degli strati di lamelle, con lacune sottili, che formano delle trabecole, che si anastomizzano formando una gran serie di cavità, una sorta di fitta rete, chiamate cavità midollari.
    • SANGUE:
      vedete i globuli rossi, senza nuclei, con una parte centrale bianca e in numero elevato, dentro ad una matrice pura, senza altre strutture filamentose o gelatinose. Se tra le cellule notate macchioline scure, sono le piastrine. Se invece vedete cellule molto, molto grandi, con un nucleo reniforme (a E o C) allora sono monociti. Cellule con un nucleo che occupa tutto il citoplasma, tranne piccole indentature, sono i linfociti. Se la cellula ha invece le granulazioni dovete stare attenti:
      • se sono piccole e poco riconoscibili, con un nucleo plurilobato allora sono granulociti neutrofili
      • se sono grandi ma meno numerose, con nucleo bilobato, allora sono eosinofili
      • se sono piccole allora sono basofili
    • TESSUTO LINFOIDE:
    lo strato connettivale esterno forma una capsula, dei gruppi cellulari reticolari formano diversi follicoli immersi in uno stroma cellulare a diversa colorazione; infine i follicoli si immettono in uno strato centrale compatto e irregolare che in un determinato punto fuoriesce dal tessuto stesso (la zona di effluenza del linfonodo).





    TESSUTI MUSCOLARI
    Il tessuto muscolare è di tre tipi:

    • muscolo scheletrico


    I muscoli scheletrici sono anche detti striati a causa della disposizione ordinata in strie di filamenti di actina e di miosina. I muscoli scheletrici si contraggono sotto stimoli volontari.


    • muscolo liscio

    I muscoli lisci presentano al microscopio un aspetto uniforme poiché mancano dell’organizzazione ordinata dell’actina e della miosina tipica del tessuto muscolare striato. La muscolatura liscia è contenuta nello spessore delle pareti del tubo digerente, dell’utero, della vescica urinaria e dei grossi vasi sanguigni. Essa è in grado di produrre contrazioni lente e durature sotto il controllo involontario.

    • muscolo cardiaco

    Il tessuto muscolare cardiaco si trova solo nel cuore e possiede anch’esso struttura striata. È caratterizzato da attività contrattile spontanea, indipendente dal controllo diretto dell’organismo. Le cellule cardiache sono collegate da giunzioni particolari che consentono agli impulsi elettrici di diffondersi rapidamente attraverso tutto l’organo.
    In sezione trasversale è facilmente riconoscibile perché le cellule sono immerse in un mare connettivale, presentando un contorno circolare e un citoplasma ricco di punteggiature pressoché uguali.
    Se il nucleo è uno solo, allora si tratta di un muscolare cardiaco; se ne sono di più di uno per cellula, allora è muscolare scheletrico. Nel caso del muscolo liscio alcuni elementi possono non contenere il nucleo, ma in realtà il nucleo non è visibile perché il piano di sezione non lo ha incluso.
    In sezione longitudinale, vedrete dei fasci messi uno sopra l'altro; se questi fasci hanno delle striature chiaro/scure e presentano più nuclei periferici, più alcuni nuclei schiacciati negli spazi tra i diversi fasci; allora si tratta di muscolare scheletrico
    se i fasci presentano striature chiaro/scuro, ma presentano un solo nucleo schiacciato e sono divisi tra loro dall'interposizione di sottili linee demarcatrici (dischi intercalari); se i fasci non presentano striature, ma presentano nuclei schiacciati, e una serie di corpi densi (scuri) che non sono evidentemente nuclei, allora è muscolare liscio.

    TESSUTO NERVOSO

    Neurone è il termine che definisce la cellula costituente il tessuto
    Nervoso; esso è costituito da un corpo cellulare, da un prolungamento
    (assone) che trasporta gli stimoli nervosi verso la periferia (e che va a costituire le fibre nervose), e da numerose ramificazioni o dendriti che, viceversa, ricevono gli stimoli dalla periferia. Intorno a queste cellule esiste un particolare tessuto di sostegno e una rete di vasi sanguigni. Gli assoni dei nervi periferici sono ricoperti da una guaina mielinica, un involucro protettivo, formato da una lunga catena di cellule di Schwann. Esistono tre tipi di neuroni:
    • Neuroni sensoriali: partecipano all'acquisizione di stimoli, trasportando le informazioni dagli organi sensoriali al sistema nervoso centrale
    • Interneuroni: all'interno del sistema centrale, integrano i dati forniti dai neuroni sensoriali e li trasmettono ai neuroni motori.
    • Neuroni motori: trasmettono i messaggi alle cellule effettrici

    La nevroglia rappresenta quell’insieme di cellule del tessuto nervoso che occupano tutti gli spazi tra i neuroni e i vasi sanguigni, sia con funzione trofica che di sostegno.
    Il tessuto nervoso è riconoscibile dal fatto che gli elementi cellulari non sono a mutuo contatto tra loro. I neuroni si colorano soprattutto con coloranti di tipo basico perché in attiva sintesi proteica, questo ci permette di distinguere facilmente il nucleo, che risulta essere molto chiaro per la presenza di eucromatina che come sappiamo è poco compattata, inoltre è sempre osservabile un bel nucleolo al suo centro. Ricordiamo che la cellula nervosa è ricca di prolungamenti che si distinguono in dendriti e assone; i primi si ramificano ripetutamente e nel SNC presentano numerose protrusioni definite spine dendritiche; il secondo è invece particolarmente lungo ma si ramifica distalmente e non intorno al corpo cellulare.
    I neuroni possono essere distinti in base alla loro morfologia in: multipolari, unipolari, bipolari e pseudo unipolari. I neuroni multipolari: presentano 2 o più dendriti che si ramificano ripetutamente intorno al corpo cellulare. I neuroni unipolari: presentano il solo assone, quindi a ricevere gli impulsi sarà deputato unicamente il corpo cellulare. I neuroni bipolari: presentano un assone e un dendrite che si dipartono da poli opposti del pirenoforo. I neuroni pseudo unipolari: 2 prolungamenti si fondono tra loro per poi dividersi formando una struttura a forma di “T”.








venerdì 24 agosto 2018

E se il mondo cambia, alcune piante speciali resistono! CAPPERI e CUCUNCI, la resistenza Agronomica dalle elevate Prestazioni Nutraceutiche e Fitoterapiche.

E se il mondo cambia, alcune piante speciali resistono! CAPPERI e CUCUNCI, la resistenza Agronomica dalle elevate Prestazioni Nutraceutiche e Fitoterapiche. 

a cura del dott.FRANCESCO ROSSI Dott. in Scienze Biologiche Informatore Medico Scientifico

















Molteplici temi negativi evidenziano oltremodo il rischio della salute del geo terrestre. Inquinamento, deforestazione, riscaldamento globale, siccità hanno un impatto diretto sull’impianto vegetale. Le piante e la loro ricchezza in biodiversità rischia di essere depauperata dalle alterate condizioni. E se alcune di queste sono di interesse alimentare? Come si soddisfa una richiesta crescente? L’industria scientifica ed il sapere biotecnologico sono improntati sullo studio e la ricerca di cultivar resistenti. Un modo efficace per promuovere un agricoltura sostenibile ed appagare le esigenze nutritive! Tuttavia, il processo non è rapido! I lunghi tempi di attesa sono dovuti ai ritardi tra la ricerca di laboratorio e la convalida con effettive prove sul campo. In un clima fluttuante, con condizioni talvolta difficili, è la resilienza di alcune specie a rappresentare una vera e propria ricchezza naturale. Il KNOW-HOW della “Capparis Spinosa” è davvero interessante! Un piccolo arbusto xerofilo adattato a vivere in condizioni di siccità resistente alla elevata salinità. Le piantagioni perenni di cappero potrebbero preservare l'acqua nel suolo per un periodo di tempo più lungo, contribuendo al mantenimento idrico in aree aride. Gli arbusti proteggono il terreno dalla luce solare, limitano le alte temperature e regolano così il microclima. Rispetto ad altre piante, il cappero ha una notevole capacità di cercare e assorbire acqua dal suo ambiente (in particolare nelle profondità del suolo) grazie ad un ampio sistema di radici e un rapporto radice / stelo molto elevato. La coltivazione della Capparis Spinosa rappresenta dunque una risposta amplificata per allievare gli effetti del cambiamento ambientale ed incrementare la resistenza alle condizioni di siccità. L’impatto diretto non riguarda solo un’implicazione agroalimentare ma anche la conoscenza sui benefici nutraceutici che il piccolo arbusto può determinare sulla salute umana.

C. spinosa che è una pianta aromatica è abitualmente coltivata nelle regioni tropicali e subtropicali. La propagazione più comune di C. spinosa è talee vegetative, Cresce e fiorisce da maggio a ottobre coprendo la siccità estiva.




Diverse parti di C. spinosa, tra cui frutto e radici, sono state utilizzate come rimedio tradizionale a base di erbe fin dall'antichità per effetti benefici sulle malattie umane. Basti pensare al consumo delle radici per curare malattie epatiche e renali, una pratica diffusa nell’antico Egitto; i romani sembra che utilizzassero C. spinosa per il trattamento della paralisi. Gli arabi lo chiamavano “cabir”, i Greci “kàpparis”. Aristotele, il più dotto dei filosofi greci, e Teofrasto, suo allievo prediletto, descrivono l’arbusto nella “Storia delle Piante”. Prima di loro, fra il quinto e quarto secolo a.C., sempre in Grecia, Ippocrate, il principe dei medici dell’antichità, si pronunciò sulle proprietà curative dei capperi. Prescritti contro le malattie del fegato e della milza, i capperi furono addirittura utilizzati come cosmetici per le proprie modelle dallo scultore ateniese Prassitele. Molteplici risvolti terapeutici inequivocabilmente attribuibili alla presenza di diverse componenti chimiche bioattive. Foglie, gemme, radici, semi, con un elevato contenuto di alcaloidi, flavonoidi, steroidi e composti terpenici. La Capperis Spinosa è unica nel suo genere soprattutto per l’elevato contenuto di flavonoidi , rilevando un’alta concentrazione di RUTINA e QUERCITINA. 



Complessivamente un effetto protettivo sul sistema cardiovascolare dato dalla potente azione antiossidante, vaso-protettiva e riduttiva del colesterolo LDL(noto come cattivo, giacchè protagonista di accumulo nella parete dei vasi).Le parti aree della pianta si caratterizzano per un alta concentrazione di metaboliti secondari e loro derivati catabolici, i GLUCOSINOLATI. Uno spiccato interesse farmacologico correlato alla capacità di limitare fenomeni di carcinogenesi.


Struttura di base di un glucosinolato


Il consumo di capperi e cucunci dimostra un azione multi livello sulla salute dell’organismo. Un meccanismo possibile riguarda la diminuzione del tasso di assorbimento dei carboidrati con effetto ipoglicemico postprandiale nel tratto gastrointestinale. Pertanto, C. spinosa può essere utile e sicura per il controllo e il trattamento dei livelli di glucosio nel sangue nei pazienti diabetici. In fase sperimentale topi di laboratorio soggetti ad una dieta ricca di grassi sono stati alimentati con estratti di frutti di C.Spinosa, dimostrando una riduzione dei livelli di colesterolo e di trigliceridi. Da qui si è aperta una fase analitica utilizzando nel paziente diabetico l’estratto dei cucunci con un miglioramento sul profilo lipidico e sulle concentrazione di colesterolo plasmatico. Un azione probabilmente dovuta all’inibizione dell’enzima HMGCo-A reduttasi implicato nello biosintesi della molecola steroidea. Per certo una serie di applicazioni che seppur in maniera sperimentale, dimostrano un ausilio nutritivo nel diabetico e preventivo per i fattori di rischio della sempre più attuale Sindrome Metabolica.

Capperi o Cucunci, qual è la differenza?

Dai boccioli (che spogliati dalla pianta diventano capperi) il frutto che contiene i semi della pianta, per gli eoliani è il “cucuncio”, creato dalla natura per la delizia del palato. Appena colti, sia i capperi che i cucunci, sono amarissimi ma l’umore sgradevole se ne va con la salatura. Dopo due o tre mesi e ripetute salature sono pronti per il consumo e la conservazione.

Nondimeno importante è l‘azione dell’estratto della radice da cui si valuta un potenziale chemioterapico ed antimitotico ad ampio spettro, su diversi ceppi e microorganismi. Dalle antiche pratiche galeniche, dove l’utilizzo topico delle foglie vegetali aveva un ruolo preminente tra le pratiche curative, l’analisi scientifica sembra giustificare l’utilizzo degli estratti fogliari di S.capparis.In modelli murini, in seguito al trattamento su zone edematose, l’estratto compete con l’infiammazione riducendo le citochine infiammatorie( IL-14 ) ed aumentando l’espressione genica di interleuchine antiinfiammatorie (1L-6), con riduzione dell’infiltrato leucocitario e retroazione del tumor infiammatorio. Un piccolo arbusto, molto resistente, dalla semplice coltivazione, diffuso in diversi climi, le cui peculiarità biologiche e fisiologiche sembrano interessare sia l’ambiente e che l’uomo. Sono necessari ancora studi che conducano all’effettiva certezza terapeutica in vivo, contemplando le metodiche di sintesi e tutti gli step di assorbimento che caratterizzano la farmacocinetica fitoterapica. Tuttavia, amplificare la produzione in aree aride e problematiche, continuare l’analisi sperimentale sulla base dei dati già ottenuti, significherebbe preservare una biotecnologia naturale sia per il contesto alimentare che ambientale. Nel frattempo è utile ricordare che mangiando un cappero si assapora un fiore, facendo propria la sua eleganza ed il suo profumo. Intanto i suoi semi, trasportati dalle formiche, crescono nelle crepe dei vecchi muri e regalano i preziosi boccioli che diventano ingredienti chiave della cucina mediterranea.


Una ricetta semplice: spaghetti capperi e limone.
Si prepara cuocendo la pasta mentre triterete i capperi con la scorza di limone e diluirete il tutto con l'olio. A cottura al dente degli spaghetti li verserete in una zuppiera con quanto precedentemente preparato e con un pizzico di peperoncino.

FRANCESCO ROSSI Dott. in Scienze Biologiche Informatore Medico Scientifico


giovedì 23 agosto 2018

ASMA e RINITE ALLERGICA

ASMA e RINITE ALLERGICA
La rinite allergica e l’asma spesso sono presenti contemporaneamente: chi soffre di rinite allergica può soffrire anche di asma e viceversa. L’asma e la rinite allergica, infatti, possono essere considerate espressioni di un’unica malattia; sono due manifestazioni di uno stesso processo infiammatorio e sono comunemente associate. Recenti indagini hanno dimostrato come: fino all’80% dei soggetti affetti da asma soffrono anche di rinite; fino al 40% dei soggetti che soffrono di rinite possono presentare asma. La rinite costituisce un significativo fattore di rischio per l’asma. Le due malattie hanno in comune cause e fattori scatenanti, come gli allergeni, meccanismi e sostanze che determinano la sintomatologia, come i mediatori del processo infiammatorio. Per i pazienti con asma e rinite allergica concomitante è maggiore la probabilità di presentare un attacco asmatico e di ricorrere al pronto soccorso a causa dell’asma. Poichè le due condizioni sono strettamente correlate, è necessario, nel caso in cui una delle due malattie sia presente, indagare anche sull’eventuale presenza dell’altra mediante accurata anamnesi ed esami clinici. Qualora le due malattie fossero concomitanti, è importante gestirle con una strategia combinata, che le tratti appunto simultaneamente. Nel caso, molto comune, in cui rinite allergica e asma fossero coesistenti, infatti, dovrebbe essere intrapresa una terapia combinata per trattare sia i disturbi delle vie aeree superiori, tipici della rinite allergica, sia i disturbi delle vie aeree inferiori, caratteristici dell’asma. Un trattamento ottimale della rinite allergica può migliorare l’asma concomitante. Alcuni farmaci, come i glucocorticoidi e gliantileucotrienici, seppur con indicazioni differenti e con differente meccanismo d’azione, sono risultati efficaci nel trattamento sia dell’asma sia della rinite allergica concomitanti. Come per altre malattie, affinché la strategia terapeutica risulti vincente è indispensabile che il paziente segua scrupolosamente le prescrizioni e le raccomandazioni del medico, assumendo regolarmente e correttamente i farmaci e adottando tutti quei piccoli accorgimenti che possono aiutare a vivere meglio (vedi consigli utili asma e rinite allergica). L’asma è una malattia infiammatoria cronica delle vie aereemolto comune: è caratterizzata da un’aumentata reattività delle vie respiratorie a stimoli di vario genere. Nell’attacco d’asma si verifica un restringimento delle vie aeree, ossia una riduzione del loro diametro. Durante l’atto respiratorio normale, l’aria entra ed esce liberamente dai polmoni. Ma, durante un attacco d’asma, il rivestimento delle vie aeree si ispessisce, i muscoli della parete delle vie aeree si contraggono e il muco ostruisce le piccole vie aeree nei polmoni, rendendo difficoltosa la respirazione. Si tratta di una malattia episodica, in cui le fasi acute possono intervallarsi a periodi in cui non si manifestano i sintomi caratteristici.
Da un punto di vista clinico l’asma si presenta come episodirecidivanti di dispnea parossistica con sibili e tosse. La dispnea è la sensazione soggettiva di fame d’aria, di difficoltosa respirazione, di soffocamento. In genere la maggior parte degli attacchi asmatici è di breve durata (da qualche minuto a ore). L’entità dei sintomi è funzione della gravità dell’attacco asmatico. Ci sono fasi in cui ilbroncospasmo cioè la contrazione dei bronchi può persistere per uno o più giorni. Questa condizione di asma perdurante e clinicamente manifesta è definita "stato di male asmatico" L’asma può insorgere a qualunque età, ma l’insorgenza è prevalente nei giovani. Infatti, in circa la metà dei pazienti si verifica prima dei 10 anni, mentre 1/3 prima dei 40 anni di età. La malattia asmatica è più frequente tra i maschi durante l’infanzia, diventa equivalente durante l’adolescenza e mostra una progressiva prevalenza nel sesso femminile nell’età adulta. L’asma è una malattia eterogenea e, con le riserve dovute, si possono distinguere due principali meccanismi: ASMA ALLERGICO: dovuto cioè a forme di allergia; l’anamnesi personale e/o familiare è spesso positiva per malattie allergiche come rinite, orticaria, eczema. L’allergia è una risposta anomala da parte dell’organismo umano caratterizzata dalla iperproduzione di particolari sostanze del sistema immunitario, anticorpi della classe (Immunoglobuline E, IgE), nei confronti dei cosiddetti allergeni che sono la causa più frequente di attacco d’asma (vedi fattori scatenanti). ASMA INTRINSECO: quando non si riesce a documentare un elemento causale. In un’elevata percentuale di soggetti asmatici dall’anamnesi personale e/o familiare non emergono fenomeni allergici; la sintomatologia è la stessa dell’asma allergico e spesso viene slatentizzata da eventi intercorrenti come un’infezione delle vie aeree superiori; il fattore scatenante ad esempio può essere poco più di un raffreddore, ma a distanza di pochi giorni, cominciano a presentarsi episodi di difficoltà respiratoria (con sibili e tosse) che possono persistere per un tempo più o meno lungo; Il cosiddetto ASMA IDIOSINCRASICO non causato da allergie, ma da altre cause (es. farmaci). SINTOMI CARATTERISTICI I sintomi dell’asma sono estremamente variabili e possono cambiare di ora in ora, di giorno in giorno, di settimana in settimana e nei mesi. Durante la notte e nelle prime ore del mattino solitamente peggiorano. La severità dell’asma è estremamente soggettiva e varia da individuo ad individuo. Alcuni pazienti infatti hanno sintomi occasionali (es. dopo un esercizio fisico), altri invece hanno sintomi che interferiscono nella loro vita quotidiana, altri ancora hanno un asma grave che impedisce loro una normale attività, scolastica o lavorativa.  L’asma è caratterizzato da diversi sintomi: la dispnea, cioè la mancanza o difficoltà di respiro, la tosse, il respiro sibilante, il senso di oppressione/costrizione al torace, che possono non presentarsi contemporaneamente e non sempre si verificano con la medesima intensità e nel corso della vita, possono svilupparsi in tempi diversi.  Se questi sintomi sono molto intensi, si parla anche di CRISI D'ASMA.  L’inizio di un attacco d’asma è caratterizzato da un senso di costrizione al torace spesso accompagnato da tosse. Il respiro diventa difficile, i sibili diventano udibili anche senza strumenti a distanza. La fine di un attacco è spesso segnata dalla comparsa di tosse con espettorazione di muco denso e vischioso. I fattori di rischio che possono scatenare un attacco d’asma possono essere distinti tra individuali, in quanto predispongono l’individuo all’asma, e ambientali, che influenzano la possibilità di sviluppare asma in soggetti predisposti, scatenano le riacutizzazioni e/o causano la persistenza dei sintomi. I fattori scatenanti possono inoltre essere raggruppati in 7 principali categorie: 1. allergeni 2. farmaci 3. fattori ambientali e atmosferici 4. attività lavorativa 5. microrganismi 6. fattori correlati all’esercizio fisico 7. fattori psichici
Questi fattori, insieme o separatamente, possono scatenare, in periodi diversi, crisi asmatiche. È pertanto importante chiedere sempre al proprio medico quali siano i fattori che possono provocare crisi asmatiche e come evitarle, per quanto possibile. FATTORI ALLERGICI In natura esistono sostanze in grado di determinare uno stato di allergia chiamate allergeni: l’asma allergico è l’asma scatenato dagli allergeni. L’asma allergico dipende dalla risposta del nostro sistema immunitario a questi stimoli. In particolare possiamo distinguere: Allergeni domestici, liberati da: acari animali (gatto, cane, coniglio ecc.) scarafaggi miceti Allergeni degli ambienti esterni, liberati da: piante erbacee (graminacee, urticacee, composite, ecc.) e arboree (oleacee, betulacee, ecc.) miceti Allergeni professionali L’interazione di una porzione particolare degli allergeni (gliantigeni) con anticorpi specifici del nostro sistema immunitario (le IgE) determina la risposta allergica del nostro organismo. L’asma allergico è spesso di tipo stagionale (es. allergie ai pollini) e si osserva soprattutto nei bambini e nei giovani. Esistono anche forme allergiche non stagionali scatenate ad esempio da piumaggi, forfore animali, acari,muffe e altri antigeni ambientali costantemente presenti. FATTORI FARMACOLOGICI L’asma può essere causato da alcune classi di farmaci; si parla di “asma idiosincrasico” e le sostanze più comunemente coinvolte nell’induzione di un attacco asmatico sono: antinfiammatori/analgesici - colpisce principalmente gli adulti anche se può verificarsi fin dall’infanzia. solfiti, che sono usati come conservanti e disinfettanti sia nell’industria alimentare sia in quella farmaceutica. L’esposizione a questi fattori scatenanti avviene infatti generalmente con l’ingestione di cibi o bevande contenenti tali composti, come verdure, frutta fresca, patate, crostacei e vino. FATTORI AMBIENTALI e ATMOSFERICI: INQUINAMENTO L’inquinamento ambientale e atmosferico complica le condizioni dei soggetti asmatici. Il fenomeno si manifesta più facilmente nelle aree urbane fortemente industrializzate e a elevata densità di popolazione. Non solo però gli inquinanti atmosferici esterni (urbani e industriali) sono causa di fenomeni asmatici, ma anche inquinanti atmosferici interni come il fumo possono scatenare reazioni nei soggetti asmatici. FATTORI OCCUPAZIONALI Alcune sostanze presenti nel luogo di lavoro possono far insorgere l’asma o peggiorarlo. In tal caso si parla di asma professionale. L’asma infatti può essere l’espressione di una patologia professionale. Tra le forme più frequenti ricordiamo l’asma da isocianati, utilizzati nella verniciatura dei mobili, e l’asma da farine, nei panifici e pasticcerie. Numerosi sono i composti usati in diversi processi industriali in grado di determinare attacchi d’asma: Sali di metalli (es. platino, cromo, nichel) Polveri vegetali (es. farine) e del legno (es. quercia, cedro rosso, grano, farina, semi di ricino, chicchi di caffè verde, gomma di acacia) Sostanze farmaceutiche (es. antibiotici) Prodotti chimici e materie plastiche (es. toluene diisocianato, anidride ftalica, anidride trimellitica, persolfati, etilendiammina, varie tinture) Detergenti per il bucato Polveri, sieri e secrezioni di animali e insetti È importante ricordare che l’esposizione a sostanze chimiche sensibilizzanti, soprattutto quelle usate per le vernici, i solventi o le materie plastiche, può avvenire anche durante il riposo o le attività non lavorative. FATTORI INFETTIVI Le comuni infezioni virali dell’apparato respiratorio (es. il raffreddore e l’influenza) sono la causa più frequente di esacerbazione e di scatenamento di crisi. FATTORI CORRELATI ALL’ESERCIZIO FISICO L’esercizio fisico è uno dei più comuni fattori scatenanti degli episodi acuti di asma. Questo stimolo, tuttavia non determina una cascata di eventi a lungo termine, né modifica la reattività delle vie aeree come nel caso di agenti scatenanti naturali, quali antigeni, infezioni virali e inquinanti ambientali. A tutti sono comunque noti i vantaggi di una pratica periodica di attività fisica: anche per coloro che soffrono di asma l’attività fisica è sempre da incoraggiare. Il proprio medico saprà consigliare come comportarsi, prescrivendo sia i farmaci da utilizzare prima di iniziare uno sforzo fisico, sia quelli che sono da usare come cura di fondo dell’asma e che quindi possono proteggere da fattori imprevisti capaci di scatenare asma. FATTORI PSICHICI: STRESS EMOTIVO I fattori psicologici possono contribuire sia a un peggioramento, sia a un miglioramento dell’asma. È stato infatti dimostrato come lo stato emotivo possa influire sulla patologia. Molto complesse sono le modalità e la natura delle interazioni. Notevole, tuttavia, è l’influenza della suggestione nei soggetti asmatici e, di conseguenza, estremamente variabili e soggettive le diverse reazioni sia da soggetto a soggetto, sia, nello stesso soggetto, da episodio a episodio. Nella maggior parte dei casi, oggi l’asma può essere curato molto bene; è però indispensabile che il paziente segua diligentemente e regolarmente le raccomandazioni e le prescrizioni del medico: un uso dei farmaci corretto e adeguato è fondamentale per controllare la malattia. Per la maggior parte degli asmatici, spesso, i fattori scatenanti l’asma possono essere molti e risulta davvero difficile se non impossibile evitarli tutti. Ma si può imparare a gestirli. L’asma è una malattia cronica e i risultati dipendono anche dal costante impegno del paziente a mettere in pratica quanto raccomandato dal proprio medico. È infatti compito del paziente seguire il piano di cura consigliato che comprende farmaci, uno stile di vita adeguato e suggerimenti su come gestire la malattia e prevenire o trattare le crisi e le emergenze.  Mantenere la malattia sotto controllo è possibile nella maggior parte dei casi, ma perché la strategia risulti vincente, è necessario che il paziente segua scrupolosamente le prescrizioni e le raccomandazioni del medico, assumendo regolarmente e correttamente i farmaci, misurando con attenzione e puntualità il respiro, controllandosi periodicamente. L’asma può compromettere la qualità di vita di chi ne soffre, ma chi ha l’asma può gestire attivamente la malattia aumentando l’efficacia del trattamento e ritrovando condizioni di vita normale Per un’accurata diagnosi da parte del medico è importante la raccolta della storia clinica, l’esame obiettivo del paziente e i test di funzionalità polmonare. In presenza infatti di uno o più sintomi fra quelli riportati nella sezione sintomi caratteristici dell’asma è necessario rivolgersi immediatamente al proprio medico di base, il quale dopo una indagine accurata, valuterà se il paziente deve essere sottoposto ad ulteriori accertamenti specialistici, per un’analisi globale della situazione attraverso cui arrivare a una eventuale diagnosi d’asma. Il percorso diagnostico può prevedere: un attento esame della storia clinica dalla quale si possono ottenere importanti informazioni su: storia familiare del paziente storia lavorativa abitudini di vita caratteristiche dei sintomi fattori che si associano alla crisi asmatica un accurato esame obiettivo che permetterà di fare diagnosi nel caso in cui il paziente sia visitato durante una crisi asmatica. Ponendo infatti il fonendoscopiosul torace è possibile sentire i rumori caratteristici dell’asma. Di solito però l’asmatico si rivolge al medico a crisi già superata. attraverso le prove del respiro: un esame preciso e di semplice esecuzione è la spirometria, oltre alla misura del picco di flusso espiratorio (PEF). L’asma è una malattia cronica dei bronchi, causata da una loro infiammazione, che provoca difficoltà di respiro, tosse, respiro fischiante o sibilante, senso di oppressione al torace. Pertanto, uno degli elementi fondamentali per la diagnosi dell’asma è l’ostruzionedel flusso aereo, cioè la difficoltà al passaggio dell’aria attraverso i bronchi, in particolare durante l’espirazione. Ecco perchè è molto importante per il medico poter misurare regolarmente il respiro del paziente e seguire l’andamento della malattia attraverso controlli periodici della spirometria e misure regolari e giornaliere del picco espiratorio che il paziente può effettuare anche da solo a casa mediante semplici apparecchi e dopo averne avuto appropriate spiegazioni sull’utilizzo. I test di funzionalità polmonare, la spirometria e la misura del picco espiratorio, appunto, sono utili sia per la diagnosi che per il monitoraggio dell’asma nel tempo. La spirometria fornisce un quadro sulla diminuizione delle capacità respiratorie e il picco di flusso misura la velocità massima alla quale l’aria fuoriesce dai polmoni. La spirometria viene generalmente effettuata negli ambulatori specialistici. Il paziente respira dentro un boccaglio ed il suo respiro verrà misurato da una macchina (spirometro). D’altro canto, i misuratori di flusso sono portatili, di plastica e ideali per essere usati sia a casa che al lavoro; dunque forniscono alla maggioranza dei pazienti e dei medici un metodo effettivo per valutare la risposta alla terapia e individuare i primi sintomi di peggioramento dell’asma. il test di provocazione bronchiale: attraverso stimoli di natura fisica o chimica (aria fredda, nebbia o test da sforzo, metacolina, istamina) è possibile provocare la riduzione del diametro bronchiale nel soggetto asmatico. La risposta ai test è indicata da un’adeguata variazione di specifici indici della funzionalità polmonare. I trattamenti ad oggi disponibili per la terapia asmatica possono essere suddivisi in due gruppi principali: farmaci ad azione immediata o farmaci antiasmatici sintomatici (broncodilatatori a breve durata di azione), da usare al bisogno; sono quelli che aiutano a risolvere i disturbi del respiro quando questi si verificano e agiscono rapidamente nel trattare gli attacchi acuti o alleviare i sintomi; farmaci a lunga durata d’azione (derivati xantinici obroncodilatatori) o farmaci preventivi a lungo termine o farmaci antiasmatici di fondo (specialmente farmaci antinfiammatori quali i glucocorticoidi per via inalatoria o gli antagonisti recettoriali dei leucotrieni), da usare regolarmente, sono quelli che prevengono i sintomi ed eventuali attacchi e che vanno presi per cercare di porre la malattia sotto controllo evitando così l’insorgenza dei sintomi asmatici. La maggior parte dei pazienti assume normalmente tutti e due i tipi di farmaci. In particolare i farmaci usati nel trattamento dell’asma comprendono: gli agonisti dei recettori β2 adrenergici i broncodilatatori cosiddetti antimuscarinici i derivati xantinici i corticosteroidi i cromoni gli antagonisti recettoriali dei cisteinil-leucotrieni o antileucotrienici Le vie di somministrazione sono: INALAZIONE: il farmaco raggiunge le vie aeree depositandosi su di esse tramite goccioline; ORALE: il farmaco è somministrato per bocca ed è assorbito, attraverso lo stomaco e l'intestino, nel sangue che raggiunge le vie aeree; PARENTERALE: il farmaco è somministrato per iniezione in caso di attacchi di asma acuta grave. Chi ha l'asma è opportuno che conosca bene i farmaci che deve assumere. Deve sapere: quali sono i farmaci antiasmatici; a cosa servono; quando e come assumerli. Soprattutto, deve sapere quali farmaci usare in caso di emergenza o di crisi (broncodilatatori a rapida azione, a dosaggi crescenti e corticosteroidi per bocca). È bene sottolineare che chi soffre d’asma deve avere sempre con sé le medicine da usare in caso di crisi.  Nel caso di soggetti asmatici allergici, la terapia di maggior successo è, laddove possibile, l’allontanamento del fattore/i scatenante/i dall’ambiente in cui si vive. Il termine rinite indica l’infiammazione a carico della mucosanasale. In relazione alla durata dei sintomi la rinite può essere distinta in acuta (rinite acuta epidemica o raffreddore comune), generalmente di origine virale, e cronica, solitamente secondaria ad altre patologie delle cavità nasali, come le sinusiti. Numerose possono essere le cause di rinite: infettiva, vasomotoria e allergica. La rinite allergica è definita clinicamente come un disturbo sintomatico nasale sostenuto da un processo infiammatorio conseguente all’esposizione all’allergene (pollini, polveri, miceti, derivati vegetali o animali, farmaci, ecc.). La rinite allergica può essere classificata in base alla durata (INTERMITTENTE, PERSISTENTE) e alla gravità dei sintomi (LIEVE, MODERATA-GRAVE). La forma più comune di rinite allergica è quella stagionale, strettamente correlata alla concentrazione dei pollini nell’aria. Tuttavia questo disturbo respiratorio può manifestarsi anche tutto l’anno in condizioni di esposizione cronica ai fattori scatenanti (es. la rinite perenne da acari della polvere). La rinite allergica è considerata un disturbo respiratorio cronico maggiore a causa di: elevata diffusione nella popolazione impatto sulla qualità di vita e sul rendimento lavorativo e scolastico di chi ne soffre costo economico associazione con altre patologie: asma sinusite congiuntivite SINTOMI CARATTERISTICI La rinite allergica è caratterizzata da: rinorrea; congestione nasale: generalmente più accentuata di notte e nel primo mattino causando un significativo russamento e disturbando la regolarità del sonno; starnuti; prurito nasale e oculare: i bambini rinitici mostrano spesso il segno del “saluto allergico” , ossia il gesto di strofinare la punta del naso con il palmo della mano. Il prurito nasale può inoltre stimolare smorfie e arricciamento del naso; lacrimazione. Questi sintomi, in base al tipo di allergia, possono essere stagionali, soprattutto primaverili e autunnali, o manifestarsi durante tutto l’anno. I pazienti allergici ai pollini, ad esempio, noteranno l’insorgenza dei sintomi durante la stagione dell’impollinazione nella loro zona. FATTORI SCATENANTI I soggetti affetti da rinite spesso hanno una storia personale di allergia (es. dermatite eczematosa, orticaria, asma) e famiilari che ne soffrono. Tra i fattori scatenanti ricordiamo: 1. allergeni 2. fattori ambientali e atmosferici 3. attività lavorativa/fisica 4. alcuni farmaci FATTORI ALLERGENICI La rinite allergica è causata da allergeni, in particolare dagli allergeni che sono inalati. Tra questi possiamo distinguereALLERGENI INDOOR e ALLERGENI OUTDOOR.  Gli ALLERGENI INDOOR sono principalmente quelli liberati da: acari: si nutrono delle desquamazioni animali, incluse quelle della cute umana, ed eliminano nell’ambiente minuscole sostanze allergeniche che sono facilmente respirate; animali: cani, gatti, piccoli roditori, possono liberare allergeni attraverso la saliva, le urine, il loro epitelio di desquamazione; insetti: possono liberare proteine allergeniche. Degli allergeni indoor fanno parte anche allergeni di origine vegetale (piante da appartamento, ecc.) Gli ALLERGENI OUTDOOR più comuni sono rappresentati da pollini e muffe. FATTORI AMBIENTALI E ATMOSFERICI: INQUINANTI Possiamo distinguere anche in questo caso tra INQUINANTI INDOOR e INQUINANTI OUTDOOR. Gli stili di vita moderni ci vedono trascorrere la maggior parte del nostro tempo in ambienti confinati. Ogni giorno veniamo quindi a contatto con una miriade di minuscole particelle che popolano l’aria che respiriamo. Tra queste, alcune possono essere degli allergeni e, in particolare, tra gli allergeni indoor troviamo quelli domestici (es. quelli liberati dagli animali o la stessa polvere che si accumula nelle nostre case, ma anche nell’ambiente di lavoro) e i gas inquinanti, tra i quali il fumo di tabacco è il più importante. L’inquinamento urbano rappresenta uno dei maggiori INQUINANTI OUTDOOR e deriva principalmente dai gas di scarico delle automobili, senza dimenticare quelli industriali. FATTORI OCCUPAZIONALI Sostanze chimiche o altri prodotti di lavorazione utilizzati negli stabilimenti industriali possono costituire degli allergeni; ad esempio l’allergia al lattice è diventata un problema sempre più importante per i pazienti e per il personale sanitario. FATTORI FARMACOLOGICI Alcuni farmaci possono essere causa di rinite allergica; molto frequente è ad esempio la rinite allergica causata da farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS).

  COSA FARE Come per le altre malattie allergiche, anche per la rinite allergica lo strumento di controllo più efficace consiste nell’evitare l’esposizione all’allergene o agli allergeni incriminati. Può essere pertanto necessario a seconda dei casi: allontanare gli animali domestici dall’ambiente in cui si vive; utilizzare apparecchi per la filtrazione dell’aria per ridurre al minimo la concentrazione dei pollini; eliminare gli insetti con opportuni insetticidi e le muffe con prodotti antifungini; cercare, se possibile, di trasferirsi in zone prive di pollini nei periodi critici; utilizzare fodere di materiale sintetico che non lasciano passare gli acari della polvere per coprire materassi, guanciali e trapunte ed eliminare moquette, tappeti e simili. La rinite allergica è comunemente considerata una patologia non grave, ma può influire sulla qualità di vita di chi ne soffre e comportare limitazioni nei rapporti sociali, nel tempo libero e può ridurre il rendimento lavorativo e scolastico. La rinite allergica, al di là dei sintomi acuti ben noti (starnuti, naso chiuso, naso che cola), è una malattia infiammatoria cronica della mucosa nasale e come tale deve essere trattata in maniera adeguata: spesso il mettere momentaneamente a tacere i sintomi con trattamenti episodici non garantisce di aver sotto controllo l’infiammazione che li causa, che è invece da curare in maniera efficace e a lungo.  La gestione della rinite allergica include: allontanamento dell’allergene; trattamento farmacologico (vedi trattamenti); immunoterapia specifica; educazione e informazione del paziente sulla patologia e sulle misure da adottare. QUALI ESAMI SI POSSONO EFFETTUARE? La diagnosi di rinite allergica si basa in particolare sulla storia clinica e sui test diagnostici.  Affinché il medico possa effettuare un’anamnesi accurata, è essenziale riferire in maniera scrupolosa i sintomi allergici avvertiti e la loro frequenza. Nel caso di rinite allergica dovuta ai pollini, ad esempio, la frequenza degli episodi rinitici sarà accentuata in corrispondenza dei periodi di impollinazione; mentre, nel caso di fattori scatenanti domestici od occupazionali, la rinite allergica può avere un carattere continuativo. Il medico valuterà accuratamente la frequenza, la gravità, la durata e la periodicità dei sintomi.  Mentre nei pazienti con rinite lieve e intermittente l’esame obiettivo e l’endoscopia nasale (visione diretta delle vie aeree superiori mediante uno strumento a fibre ottiche) possono essere opzionali, devono invece essere sempre 1 eseguiti nei pazienti con rinite persistente.  Essenziali per la diagnosi sono i test allergici. Dopo un’attenta anamnesi per individuare le possibili cause o i possibili fattori scatenanti, è da ricercare la presenza di eventuali allergie con le prove allergometriche cutanee (skin test). Tra questi il test per puntura o prick test è il più semplice, sensibile, specifico e quindi il più raccomandato dalle linee guida internazionali. Tale metodo è affidabile e quasi totalmente indolore: consiste nel rilasciare una goccia dell’allergene sospetto sull’avambraccio e nel pungere poi con delle lancette monouso specifiche dotate di punta da 1 millimetro, la zona ove posa la goccia. È però importante che i test siano effettuati da personale specializzato per l’influenza di numerosi fattori come farmaci o malattie, lesioni cutanee, tecnica applicata non correttamente. Altri test comprendono esami radiologici, il dosaggio delleImmunoglobuline E IgE, il test di provocazione nasale, oltre a indagini più approfondite, se necessario, come la biopsia nasale e la risonanza magnetica. QUALI I TRATTAMENTI DISPONIBILI? La terapia farmacologica rappresenta l’approccio abituale per la rinite allergica stagionale o persistente. I casi di rinite allergica lieve e di breve durata vengono tenuti generalmente sotto controllo con antistaminici per bocca o topici. Se invece il quadro clinico è persistente e sono persistenti, ostruzione nasale e altri sintomi che disturbano il paziente (es. alterazioni del sonno), i farmaci di elezione sono i corticosteroidi ad uso topico eventualmente associati ad altri farmaci (antistaminici, antileucotrienici). Nelle forme stagionali di rinite allergica (per esempio febbre da fieno) la terapia dovrebbe iniziare da 2 a 3 settimane prima del periodo a rischio e andrebbe proseguita per alcuni mesi; mentre nelle forme perenni il trattamento può protrarsi per anni. L’effetto dei farmaci cessa rapidamente dopo la loro sospensione; nei disturbi persistenti o prolungati è pertanto necessario seguire un trattamento di mantenimento. I farmaci per la rinite sono somministrati in genere sia per via nasale sia per via orale. In particolare tra i farmaci utilizzati nel trattamento della rinite citiamo: ANTISTAMINICI: orali topici CORTICOSTEROIDI: nasali orali/intramuscolari CROMONI DECONGESTIONANTI: orali nasali ANTILEUCOTRIENICI nei pazienti con asma concomitante

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